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Lydia Cacho  è in pericolo di vita ed ha dovuto lasciare la sua casa a Cancun, in Messico.

“Ti manderemo a casa a pezzetti”

le ha annunciato una telefonata anonima.

Giornalista, scrittrice coraggiosa ed attivista per i diritti umani, ha denunciato in numerosi scritti quello che e’  il vero business del secolo, la prostituzione:

1,4 milioni di donne e ragazze  vengono acquistati e venduti ogni anno sul mercato del sesso, per mantenerlo sempre aggiornato con persone sempre più giovani.

Nel libro Trafics racconta storie dolorose delle vittime di una vera e propria tratta di donne a fini commerciali in tutti i continenti.

Per capire si è anche travestita ed ha usato false identità, riuscendo ad intervistare ed a fare i nomi dei mercanti: boss della criminalità, protettori, militari, politici o funzionari pubblici corrotti. Il sesso viene spesso usato come arma di ricatto e corruzione nella politica, nella finanza e nel riciclaggio con vantaggi solo per la criminalità organizzata, le mafie.

Potenti lobby internazionali investono ingenti risorse per la costruzione di un think tank: se la donna si prostituisce è perchè le piace; d’altra parte cio’ che viene acquistato e’ legale e legittimo, prostituzione compresa, che viene quindi promossa come progresso sociale ed affermazione della donna, quasi fosse una atto di libera scelta, creando così una reazione a catena.

La società capitalistica, secondo la quale la vita umana vale per ciò che può produrre, la cultura patriarcale e quella religiosa sono la trama culturale sulla quale si articolano gli enormi interessi economici,  incrementati pericolosamente sia da un  aumento della domanda che dell’offerta.

Nel libro Memorias de una infamia Lydia Cacho racconta della sua prigionia e delle torture subite per aver denunciato un grande giro di pedofili in Messico, che ha visto implicati, come denuncia Amnesty International e come documentano intercettazioni telefoniche pubblicate dai media,  alti funzionari dello stato.

In seguito ha continuato a ricevere minacce e rappresaglie nel lavoro, fino a quest’ultima missiva di morte che l’ha costretta ad abbandonare il paese.

Questo infine è il blog di Lydia, ricco di scritti, interviste e recensioni.

http://www.lydiacacho.net/

L’aggressione alla libertà di indagine e di stampa in Messico è stata denunciata da reporter senza frontiere: dopo l’uccisione di Marco Antonio Ávila García salgono a 4 i giornalisti ammazzati nel mese di maggio di quest’anno. In dieci anni 84 giornalisti sono stati uccisi e 14 sono dispersi.

Le minacce alle quali è sottoposta Lydia hanno il sapore del  tragico annuncio di una sentenza emessa da chi sa come fare.

Questo è l’appello di Amnesty International per chiedere al governo indagini urgenti per individuare i colpevoli e per rendere sicuro il rientro di Lidya.

Amnesty International ha emesso un comunicato urgente ai governatori del messico affinchè vengano identificati i reponsabili e che il rientro di Lydia sia sicuro. Questo è il link:

http://takeaction.amnestyusa.org/siteapps/advocacy/ActionItem.aspx?c=6oJCLQPAJiJUG&b=6645049&aid=16251

Noi sottoscriviamo questo appello e lo facciamo nostro perche’ riteniamo che la libertà di stampa sia un diritto umano fondamentale e certamente non può mettere a repentaglio la vita del giornalista

da: http://www.articolo21.org/2012/08/messico-giornalista-minacciatati-manderemo-a-casa-a-pezzetti/